Il Manifesto, 7/2/2006, recensione di Tre secondi di cielo di Sigitas Parulskis, ISBN 2006
In caduta libera fra le nuvole della Lituania
Gioventù disorientata in «Tre secondi di cielo» di Sigitas Parulskis
Anna Mioni
Apre squarci interessanti su una cultura a noi poco nota Tre secondi di cielo del lituano Sigitas Parulskis (traduzione di Birute Zindziute Michelini e Guido Michelini, pp. 189, euro 13,50), pubblicato da una casa editrice, Isbn, attenta ai fenomeni giovanili anche di aree non molto frequentate come sono appunto le repubbliche baltiche. Uscito in Lituania nel 2002, il romanzo – prima prova narrativa di un autore quarantenne, già noto nel paese e anche fuori per la sua prolifica attività di poeta, drammaturgo, traduttore e saggista – ha riscosso un notevole successo, fino a diventare un oggetto di culto soprattutto fra i lettori più giovani. I tre secondi di cielo cui allude il titolo si riferiscono agli attimi che precedono l’apertura del paracadute. Parulskis, che già nel primo libro di poesie, del 1990, si era ispirato alla propria esperienza militare nell’ultimo contingente chiamato a svolgere il servizio di leva nell’Armata Rossa (prima che la Lituania diventasse indipendente) smascherandone la violenza e l’abbruttimento, stempera qui il tema autobiografico: protagonista del libro è infatti il giovane Robertas, che come l’autore ha fatto parte del corpo di paracadutisti di élite ed è stato testimone della disumanità dell’esperienza (la vita militare insegna come uccidere, non come vivere, ricorda giustamente il sottotitolo del libro): <<Nell’esercito – osserva – la sofferenza riceve la sua vera forma e il suo vero contenuto>>.
Tornato dalla leva <<invecchiato e tuttavia come un bambino>>, Robertas trascina la sua esistenza, buttandosi a testa bassa in una bohème disorientata, intrisa di alcol scadente e umanità allo sbando. Si iscrive all’università ma la frequenta pochissimo. Avvia una relazione con una ragazza, Maria, che però lo ama <<solo come essere umano, non come uomo>> ed è addirittura responsabile di una rovinosa caduta che porterà il giovane in ospedale. Per vendicarsi della sua indifferenza, Robertas cerca esperienze con altre donne, e intanto coltiva frammentarie esperienze di giornalista, frequentando le redazioni più che altro per bere e discutere di argomenti filosofici.
A fornire una cornice narrativa al testo è una breve parentesi trascorsa forse per ubriachezza dal narratore in carcere, inframmezzata da segmenti onirici e da ricordi del servizio militare, il cui effetto complessivo evoca, più che la disperazione, una sorta di colta abulia. Ma il racconto della trama non rende giustizia all’impianto del libro, dato che anche il narratore afferma di incontrare <<particolari difficoltà nell’ordine dei ricordi>>. Si tratta piuttosto di un libero amalgama di fantasia, realtà, sogno o visione da ubriachi.
Proprio l’alcol pare l’unico strumento con cui la generazione dell’autore riesce a far fronte a una nuova realtà per cui non è preparata: una generazione, scrive Parulskis, <<senza tratti distintivi>>, <<la più russificata, la più nutrita di ateismo, la più ingenua e insieme la più propensa a non credere a niente>>.
La Lituania emerge come un paese in mutamento, che si sta occidentalizzando, ma non trova certezze, e per questo torna a cercare un appiglio nella religione: non a caso le chiese, abbandonate e non, costituiscono spesso il teatro dell’alienazione del protagonista e dei suoi compagni di bevute.
Spicca nel romanzo la presenza della cultura classica (e di riferimenti ad autori del Novecento come Aiken o Beckett), ma soprattutto una vena aforistica che trasforma Tre secondi di cielo in un possibile breviario esistenziale della giovinezza: <<Gli eroi sono tutti simili. Buoni a nulla da vivi, santi da morti>>. O ancora: <<Viaggiare piace a chi non ha fantasia>>. O infine: <<La vita è un luogo abbastanza merdoso per non voler almeno una volta guardarla con gli occhi del pazzo o del suicida>>.