Il Manifesto, recensione a Memorie di un nano gnostico di David Madsen, Meridiano Zero 2005
Alla corte dei papi tra eretici, inquisitori e fenomeni da baraccone
di Anna Mioni
Interessante trouvaille della casa editrice padovana Meridiano Zero queste Memorie di un nano gnostico, di David Madsen (traduzione di Lorenzo Borgotallo e Filippo Patarino, pp.281, € 14), uscite in Inghilterra nel 1995 e proposte in Italia solo ora. Questa circostanza temporale, se sfugge, può far passare inosservata l’originalità di un romanzo storico nato molto prima della moda di Dan Brown, e assimilabile piuttosto a opere come Q di Luther Blissett e i romanzi del tedesco Peter Dempf. Nei paesi anglosassoni il libro è già di culto, anche grazie all’utilizzo sapiente di cliché già tipici dei feuilleton ottocenteschi, oltre alla descrizione efficace della vita quotidiana dell’epoca.
L’autore, che scrive sotto pseudonimo, è un teologo e filologo inglese con particolare interesse per il Rinascimento, che ha studiato a Roma. Poco altro si sa di lui, se non che ha firmato altri due libri ancora inediti in italiano (in cui compaiono temi di cannibalismo). Questa è la sua opera prima.
Proprio a Roma, a cavallo dell’anno 1500, sono ambientate le vicende delle Memorie, che l’autore finge di aver tradotto da un manoscritto originale dell’epoca.
Il protagonista è il nano Peppe Amadonelli, figlio deforme di una sguaiata venditrice ambulante di vino che vive nei bassifondi di Trastevere. Per strada viene notato da Laura de’ Collini, la bella figlia di un nobile che è maestro gnostico; la giovane decide di iniziarlo allo gnosticismo, insieme ad altre creature deformi. L’iniziazione culmina in un amplesso tra Laura e Peppe che è gravido di simbolismo, dato che significa la rinuncia futura ai piaceri della carne: per alcune sette gnostiche l’anima è assolutamente estranea al mondo materiale e quindi si giudica la corporeità in termini addirittura dispregiativi. Di qui il riscatto delle creature deformi, che accettano la loro condizione fisica in quanto prodotti dell’infausto demiurgo Jaldabaôth, che lo gnosticismo identifica con lo Yahweh vendicativo di biblica memoria, in contrapposizione con il Dio buono dei Vangeli.
La cattura dell’adorata Laura da parte dell’inquisitore fra Tomaso della Croce comporta la sua morte sul rogo, e la vendita di Peppe a una carovana di fenomeni da baraccone gestita da tale mastro Antonio, che li fa esibire sulla pubblica piazza in giro per l’Italia. In Toscana Giuseppe viene riscattato, complici i buoni uffici di Andrea de’ Collini, padre di Laura, ed entra al servizio del cardinale Giovanni de’ Medici, che di lì a poco sarà eletto papa col nome di Leone X. Il protagonista diviene il suo Gran Ciambellano ed è testimone di intrighi e custode di segreti (non ultima l’omosessualità del papa, che lo manda a procacciargli aitanti giovanotti nei quartieri malfamati). Entriamo così in contatto con vizi e virtù di alcuni dei personaggi più eminenti del nostro Rinascimento: oltre al papa e alla sua corte, leggiamo, tra gli altri, di Raffaello, grande amatore, e di Leonardo, descritto come un vecchio sudicio. La Roma dei papi viene illustrata con dovizia di particolari in tutta la sua corruzione, mostrando come il Vaticano avesse perso di vista ogni spiritualità per ridursi a esercizio di poteri temporali, di vizi e di decadenza. Ma Peppe Amadonelli prova sincero affetto per Leone X, pur essendo consapevole dei suoi difetti e restando fedele al credo gnostico; e persiste al suo servizio fino alla morte per avvelenamento del papa. Di altri particolari della trama taccio, per lasciare intatta la suspense.
Nel frattempo si snodano sullo sfondo le vicende storiche dell’Italia e dell’Europa di allora, ricostruite con brio e fedeltà (attingendo anche al Guicciardini), tra la vendita delle indulgenze e l’affacciarsi sulla scena di Lutero, l’Inquisizione e gli eretici (interessanti i brani che riproducono le cerimonie gnostiche), i banchetti luculliani e soprattutto tanti (forse troppi) particolari truculenti, in un turbinio di sapori, odori, fetori e umori che a volte stordisce. Il tutto in una prosa colta e vivace, nella buona traduzione di Borgotallo e Patarino.
Memorie di un nano gnostico è un romanzo che appassiona, che non risparmia lunghe digressioni erudite ma riesce a essere avvincente fino alla parola finis.