Senza pelle si inserisce in un filone della letteratura contemporanea (da Annie Ernaux a Jenny Offill, gli esempi sono tanti) caratterizzato da scrittrici che raccontano una storia attraverso una narratrice interna, che talvolta ha molto in comune con loro: cosa caratterizza e distingue secondo te il romanzo d’esordio di Nell Zink?
La prima cosa che salta all’occhio: l’autrice non fa niente per renderci simpatica la narratrice, facendo saltare così il meccanismo della potenziale identificazione del lettore con il protagonista. Tiffany è volutamente superficiale, incostante, antipatica. Ma, tramite la sua osservazione della natura, ci apre squarci originali e impensati sul comportamento umano. In questo romanzo molto breve si toccano temi profondi e importanti, in modo più fulminante e condensato di un testo lungo. C’è inoltre un sottotesto filosofico molto forte, ricco di riferimenti, che una persona con una cultura in quel campo dovrebbe cogliere all’istante, anche se è usato in modo da non ostacolare la lettura a chi invece non lo conosce.
Per minimum fax avevi già tradotto altre opere: le hai proposte tu alla casa editrice o sono stati loro ad affidartele? Come hai “incontrato” Senza pelle della Zink e quali difficoltà specifiche ha comportato la sua traduzione (oltre, suppongo, a doversi studiare i rudimenti di ornitologia)?
Quando si traduce dall’inglese è virtualmente impossibile riuscire a proporre un libro da tradurre a una casa editrice: nella maggior parte dei casi gli editori ricevono i libri da agenti italiani o stranieri ben prima della pubblicazione all’estero. Quindi è stata minimum fax a scegliere quali libri affidarmi, basandosi sui registri che mi riesce meglio tradurre e, per i libri musicali, sulle mie competenze in materia.
Le difficoltà di traduzione nel libro della Zink sono state prima di tutto le numerose citazioni letterarie e musicali nascoste nel testo, che in alcuni casi ho smascherato da sola; altre volte, nei casi in cui era necessario un background specifico per notarle, è stata l’autrice a segnalarmele perché non aveva lasciato indizi riconoscibili della loro presenza. Inoltre, l’autrice vive in Germania da molti anni e a volte usa espressioni tradotte di peso dal tedesco, però le segnala quasi sempre. Ma in generale il traduttore esperto ha l’orecchio allenato a queste anomalie del testo e le nota subito, e quando non riesce a risolvere l’enigma con i suoi mezzi consulta l’autore.
Quanto ai riferimenti al mondo dell’ornitologia e del bird watching, in realtà non si tratta tanto di difficoltà, quanto della prassi normale per un traduttore professionale: documentarsi sugli argomenti trattati dal testo e cercare le migliori fonti (e, se necessario, gli esperti) da consultare per renderle in modo equivalente in italiano. Non è un’eccezione, ma la normalità del nostro lavoro, quando viene svolto con scrupolo.
Ti occupi di traduzioni letterarie dall’inglese e dallo spagnolo da circa un ventennio: come hai iniziato e quando hai deciso di farne la tua professione?
Ho cominciato a tradurre per gioco e per passione molto presto, già durante la scuola dell’obbligo. Ho capito che poteva diventare il mio lavoro quando, poco dopo la laurea, su «Repubblica» vidi l’annuncio di un Master in traduzione letteraria all’Università di Venezia. Dopo il Master la fortuna volle che un editore di Padova, il gruppo Aries (Franco Muzzio editore e Arcana editrice) cercasse uno stagista per tradurre e impaginare un libro. Fu così che pubblicai la mia prima traduzione, In Marocco di Edith Wharton; poi l’editore decise di tenermi in redazione con un contratto. Lì cominciò la mia carriera di traduttrice e redattrice.
Non troppo tempo fa l’insolvenza di ISBN nei confronti dei suoi collaboratori ha fatto esplodere il caso della difficoltà dei traduttori (e non solo) di riscuotere i propri compensi: capita spesso di dover sollecitare i pagamenti? Negli ultimi anni cosa è cambiato nel mondo editoriale italiano per i professionisti che vi gravitano intorno?
Capita molto spesso di dover sollecitare i pagamenti, che comunque hanno tempi già di per sé dilatati (da due a quattro mesi); a volte ci sono editori che non pagano perché affrontano periodi difficili. Alcuni si rimettono in pari, altri falliscono lasciando i creditori con il cerino acceso in mano. Negli ultimi anni le condizioni di lavoro sono peggiorate di molto per i professionisti dell’editoria. Abbiamo assistito a una combinazione di fattori: per chi lavorava in redazione, la riduzione all’osso dei dipendenti interni e l’appalto all’esterno di servizi che una volta venivano gestiti in casa editrice; per chi traduce, l’afflusso sul mercato di schiere di aspiranti, disposti a lavorare gratis o sottopagati pur di firmare una traduzione, svendendo la propria professionalità. Questo, in combinazione con la crisi, ha prodotto un abbassamento delle tariffe, che rimangono pressoché invariate, o aumentate di poco, rispetto anche a dieci o quindici anni fa. Se si tiene conto che nel compenso di una traduzione non sono comprese previdenza, ferie e malattia, si capisce quanto sia poco sostenibile il lavoro di traduttore pagato alle tariffe di oggi.
Quanto viene pagato mediamente a cartella un traduttore?
La tariffa minima per poter sopravvivere in modo dignitoso è stata identificata da più fonti tra i 10 e i 12 euro a cartella; all’apice della carriera è difficile arrivare ai 20 per le lingue più diffuse. In giro c’è chi si svende a 3 o a 5 euro a cartella, un compenso che non ripaga nemmeno l’elettricità usata per accendere il computer.
Com’è nata e di cosa si occupa la AC² Literary Agency? Quali sono gli editori con cui collaborate?
Negli anni ho lavorato in due case editrici; nella seconda, Alet, che purtroppo non esiste più, mi sono occupata dell’ufficio diritti e ho pensato che mi sarebbe piaciuto dare il mio contributo allo scambio internazionale di testi da pubblicare. Avrei voluto aprire l’agenzia subito dopo la fine dell’incarico da Alet, ma non avevo i fondi necessari per gestire un ufficio basato sugli invii cartacei come si usava allora. Appena è stato possibile lavorare solo in digitale, ho lanciato il progetto. Sono partita da una selezione di italiani e stranieri conosciuti personalmente; poi, con la costante presenza alle fiere internazionali, sto allargando il raggio d’azione. Al momento AC² Literary Agency rappresenta autori ed editori italiani all’estero, e agenzie letterarie ed editori esteri in Italia. Per quanto riguarda gli italiani, rappresento soprattutto narrativa e saggistica. Per gli stranieri, libri di ogni tipo, anche illustrati e manuali.
Gli editori italiani che promuoviamo all’estero, anche grazie alla nostra rete di coagenti, sono Artebambini, CasaSirio, GEM/Mesogea, Hacca, Las Vegas, Neo, Matilda (ex Mammeonline), Miraggi, Panda, Pendragon, più altri solo per alcuni territori specifici.
Tra gli editori stranieri più rappresentativi ci sono il gruppo editoriale Leya, tra i più grossi del Portogallo; Jacaranda, un editore inglese attento alla letteratura del melting pot; gli americani Lerner Books – editore di libri per bambini e ragazzi – e North Atlantic Books, con uno sterminato catalogo di discipline new age e medicina olistica (è l’editore di Rob Brezsny); il gruppo franco-canadese HMH-Hurtubise; i norvegesi di Cappelen Damm, e molti editori di libri illustrati di qualità dell’Europa Orientale per bambini e ragazzi. Ma ho in catalogo libri indiani, egiziani, neozelandesi, australiani.
Quanto agli autori italiani, sono troppi per citarli tutti qui: vi rimando all’elenco completo, e alle news sul mio sito per gli annunci che riguardano i loro libri e presentazioni. Anche la pagina Facebook dell’agenzia riporta inviti e aggiornamenti in tempo quasi reale.
Come mai è così difficile per la letteratura nostrana riscuotere interesse oltre confine?
Il primo ostacolo è la lingua: pochi editor stranieri conoscono l’italiano, e pochi editori hanno un budget sufficiente a pagare lettori esterni per leggere manoscritti in italiano. Già questo esclude gran parte dei materiali che non abbiano degli estratti tradotti in inglese o in un’altra lingua conosciuta. A meno che l’editore, o l’autore in prima persona, non investano nel far tradurre l’opera in inglese, o un suo estratto, da un traduttore letterario madrelingua inglese. In quei casi si riesce almeno a far leggere il libro dagli editori; in alcuni casi fortunati, come il nostro Francesco Verso con un editore australiano, anche a farlo pubblicare.
Un altro ostacolo è che in molti paesi esteri la percentuale di libri tradotti è molto più bassa della nostra: si aggira sul 3%, mentre noi ci attestiamo intorno al 20%. L’italiano non è una lingua diffusa e importante quanto lo sono altre, quindi non è per forza la prima scelta quando si tratta di scegliere un libro straniero da tradurre.
Spesso gli unici libri italiani che vengono tradotti all’estero sono i classici, i best seller, i vincitori di premi prestigiosi, e solo in rari casi libri proposti da un critico letterario o da un esperto del settore, spesso grazie a finanziamenti ricevuti per la pubblicazione.
Per concludere, quali sono le opere contemporanee che hai apprezzato maggiormente come lettrice?
Fare queste domande agli addetti ai lavori significa metterli in serie difficoltà di conflitto di interessi. Per essere equanime, ti cito alcuni libri con i quali non ho niente a che fare dal punto di vista lavorativo, e che sono tra quelli che ho apprezzato nell’ultimo periodo; tra gli stranieri Città in fiamme di Garth Risk Hallberg e Il cardellino di Donna Tartt, che però ho letto in inglese perché raramente riesco ad avere la pazienza di aspettare le traduzioni italiane. Tra gli italiani, ho apprezzato la satira sociale di Daniela Ranieri e di Michele Masneri, Effetto domino di Romolo Bugaro.