Come sei arrivata al mondo della traduzione editoriale, e quali consigli daresti a che volesse intraprendere la stessa strada?
Il rapporto con la traduzione non è qualcosa che si inizia, ma lo si ha dentro dalla nascita. Io ho cominciato a tradurre per gioco molto presto. Non avevo mai pensato che questa passione potesse diventare una professione; capii che era possibile quando, alla ricerca di un lavoro subito dopo la laurea in Lettere, vidi l’annuncio di un master in Traduzione letteraria dall’inglese all’Università di Venezia. Mi presentai subito alla selezione e fui ammessa. Dopo il Master la fortuna volle che un editore della mia città cercasse uno stagista per tradurre e impaginare un libro. Fu così che pubblicai la mia prima traduzione; poi l’editore decise di prolungarmi il rapporto di lavoro con un contratto da redattrice interna. Da lì cominciò la mia carriera nel mondo editoriale.
Questo esempio serve a dimostrare che il percorso formativo per i traduttori letterari non è univoco. Molti traduttori editoriali sono persone laureate in varie materie che conoscono bene le lingue straniere. Alcuni non hanno completato l’università. Inoltre è un mestiere in cui si può entrare a qualsiasi età, anche dopo altri percorsi professionali. La traduzione per il mercato editoriale è orientata alla committenza, e quindi è un tipo di professionalità molto più pratica che teorica, che si acquisisce prevalentemente stando “a bottega” da chi lavora già nel campo editoriale. Una volta questo processo si svolgeva nelle redazioni; ora le redazioni sono praticamente svuotate, quindi l’unico modo di fare apprendistato nella traduzione editoriale è frequentare corsi tenuti da traduttori professionisti, partecipare ad appuntamenti collettivi come le fiere del libro o le Giornate della Traduzione e del Traduttore, e leggere manuali scritti da traduttori esperti.
Tu sei anche agente letterario; quanto conta per un traduttore essere aggiornato sul panorama editoriale nazionale e internazionale?
Per quanto riguarda le lingue più diffuse, i diritti di traduzione dei libri vengono acquistati dagli editori italiani quando ancora sono allo stadio di bozza, se non addirittura di proposta. Ormai è molto difficile che un traduttore possa proporre a un editore un libro che non gli sia già stato presentato mesi prima dai vari agenti letterari o dagli editori stranieri. Può capitare se si tratta di letterature poco frequentate e al di fuori dei circuiti commerciali. Quindi ha senso essere aggiornati sul panorama editoriale internazionale, ma non è necessario approfondire troppo se si lavora con letterature di lingue molto comuni. Può essere utile, invece, se si traduce da lingue minori: in quel caso c’è spazio per fare le proprie proposte editoriali agli editori.
Invece è fondamentale essere ben documentati sul panorama dell’editoria nazionale, per saper fare proposte mirate e per identificare le tendenze in atto. Inutile aggiungere, poi, che per essere un buon traduttore è necessario essere anche un lettore avido, non solo nella lingua da cui si traduce, ma anche in italiano. Quindi si deve conoscere bene la letteratura italiana e avere un solido bagaglio di letture alle spalle.
Quanto è importante, a tuo parere, esercitarsi a tradurre prima di proporsi al mercato editoriale, e quanto contano autoformazione e autovalutazione?
Chi non è in grado di scrivere bene in italiano avrà serie difficoltà nella traduzione di un testo letterario, quindi prima di tutto è necessario esercitarsi a scrivere bene in italiano, scrivendo e leggendo molto.
Per la traduzione editoriale la competenza prima e fondamentale è la sensibilità letteraria, che si acquisisce e si affina con gli anni, anche in proprio.
Però quando si produce un testo proprio, che sia una traduzione o un originale, è difficile autovalutarsi se non si lascia trascorrere del tempo tra il momento della scrittura e quello della valutazione. E, in ogni caso, al nostro occhio di autori sfuggirà sempre qualcosa: per questo servono le figure di valutazione esterna, come il docente di traduzione o il revisore della casa editrice.
Come intendi procedere nella parte laboratoriale del seminario di STL?
Si darà modo a ogni corsista di correggere la sua traduzione secondo le direttive della docente, cercando di lavorare insieme sui punti più importanti per la committenza editoriale. Non solo un testo senza errori quindi, ma anche un testo che soddisfi le norme redazionali e la scorrevolezza, per esempio. Si ragionerà sugli strumenti di lavoro, anche su internet, usandoli insieme. Il corso intende supplire alla mancanza di occasioni per acquisire stando “a bottega” le competenze relative alla nostra professione.
Che tipo di testi proporrai ai partecipanti del seminario di STL?
Nell’ambito della letteratura angloamericana contemporanea, proporrò dei testi che riassumano in sé il maggior numero possibile di problemi che un traduttore si potrebbe trovare davanti quando lavora per un editore.
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Anna Mioni dal 1997 ha tradotto quasi sessanta libri dall’inglese e dallo spagnolo per importanti editori italiani. Tra gli autori che ha amato di più tradurre ci sono Edith Wharton, Jonathan Coe, Douglas Coupland, Lester Bangs, Tom McCarthy, Sam Lipsyte, Jon McGregor, Ben Brooks, Daniel Handler, Luc Sante… È tra i segnalati al Premio Monselice per la traduzione nel 2008 e 2009. Ha lavorato nelle redazioni di Aries (Franco Muzzio Editore, Arcana) e Alet Edizioni. Per tredici anni è stata bibliotecaria digitale part-time. Insegna traduzione dall’inglese al Master “Tradurre la Letteratura” della FUSP di Misano Adriatico (RN) e al Master in traduzione editoriale e tecnico-scientifica della SSML di Vicenza e tiene seminari e conferenze dal vivo e online. Nel marzo 2012 ha lanciato la sua agenzia letteraria internazionale, AC² Literary Agency.