L’AVVENTURIERO CHE DIVENNE RAJA
Il notevole romanzo di un’esordiente ambientato nel Borneo, durante il colonialismo inglese
di Renzo S. Crivelli, il Sole 24 Ore Domenicale, 7/11/2004
‘S’imbatterono in una certa luce madreperlacea, senza vedere nulla, e poi apparve un lungo sperone bianco che si stagliava lontano e poi spariva. Dopo varie ore sopra il bianco apparve una nebbia verde, che si estendeva lungo tutto l’orizzonte orientale’: questa e altre luminosissime descrizioni ci accompagnano, a bordo d’una goletta partita da Londra, nel viaggio di avvicinamento agli scenari incantevoli del Borneo, che un tempo si chiamava Kalimantaan. Su questa nave, insieme a una ciurma raccogliticcia, sta Gideon Barr, che con i risparmi del padre si è gettato in un’avventura incredibile sfruttando le rotte di penetrazione commerciale dell’Impero britannico.
Barr è una sorta di entrepreneur vittoriano, roso da un’ansia di conquista e di conoscenza – due aspirazioni opportunamente bilanciate -, che pensa a come arricchirsi in un contesto geo-politico in cui, ai danni dei nativi, molte potenze straniere europee stanno costruendo una rete di sfruttamento commerciale che si scontra soltanto con quella cinese, legata alla coltivazione e alla vendita dell’oppio. Egli sa sfruttare una situazione complessa, facendo leva sull’inclinazione, certo lungimirante, del Governo di Sua Maestà, che lascia spazio ad azioni individuali di conquista (a patto che sulle navi sventoli invitta l’Union Jack), pronto anche a sconfessare il tutto in caso di fallimento. Per Barr, invece, il successo è assicurato, grazie anche a una tattica astuta: quella di assecondare le lotte intestine dei popoli nativi, spostandosi, con il rilevante peso dei cannoni imbarcati sulle anvi inglesi, da una parte o dall’altra, a seconda delle necessità. In questo modo il novello conquistatore riesce ad appoggiare il sultano del Brunei in una dura guerra contro i ribelli Daiacchi, e ne ricava una bella investitura (la rajaship), divenendo un Rajah bianco, con tanto di regno e diritti di discendenza.
La storia di questa ‘occupazione’ è narrata, con una straordinaria capacità di ricostruzione ambientale, da Christina S. Godshalk nel suo primo romanzo intitolato, appunto, Kalimantaan, frutto di dieci anni di studi specifici sul Sud-Est asiatico che le hanno permesso di dare vita a un vasto mosaico storico-geografico, sulla scia (e trattandosi di navi che solcano stevensoniani Mari del Sud è proprio il caso di parlare di scia) d’una biografia reale, quella di James Brooke, che nel 1840 si staccò dall’East India Company per mettersi in proprio, fondando una dinastia, appoggiata informalmente dalla Gran Bretagna. Il suo Regno – noto come quello dei Rajah Bianchi di Sarawak – durò ben cento anni e si dissolse soltanto con l’occupazione giapponese durante la Seconda guerra mondiale. L’area governata da Brooke era vastissima, un territorio che poteva contenere sia l’Inghilterra che l’Olanda.
Godshalk, va detto subito, si è documentata assai bene (ne fa fede la lunga bibliografia di riferimento che sta alla fine del romanzo, unitamente a un indispensabile glossario). E nel ‘suo’ personaggio, a cui ha cambiato il nome in Barr, infonde tutto lo spirito vittoriano utile a ricreare un’atmosfera di entusiasmo commerciale ed esplorativo, affiancandolo a una serie di co-primari indispensabili in un nuovo insediamento (dal missionario al medico al colono ai comandanti del suo piccolo esercito, tagliatori di teste esattamente come i nativi). Al centro di tutto, però, sta la figura di Amelie, la ‘ragazzona inglese un po’ rozza’ che Barr ha sposato, trapiantandola in Borneo. Dai suoi occhi, dapprima ingenui e catatonici (immersa nello stupore di quella terra ‘estrema’) e poi, via via sempre più consci del suo ruolo di ‘osservatrice della storia’ apprendiamo, in filigrana, i termini sociali della lettura di Godshalk del colonialismo britannico, il cui prezzo politico, anche in vite umane, fu altissimo. Amelie è una sorta di Adela Quested (in Passaggio in India di E.M. Forster), che perà non disdegna di contaminarsi con quel mondo e che, alla fine, lascerà Barr. In lei rivive anche il narratore di Cuore di tenebra di Conrad: una sorta di Marlow che narra il suo irraggiungibile e feroce Kurtz.
SOGNARE NELLE FORESTE DEL BORNEO
Noi, ormai ingrigiti lettori giovanili di Salgari e, in anni più maturi, di Kipling e di Conrad, apriamo le pagine di Kalimantaan, un romanzo di C. S. Godshalk edito da Bookever (pp. 543, €16,50), e ci perdiamo ancora una volta tra i fiumi e le foreste del Borneo, tra pirati malesi e tagliatori di teste dayak, in un tumulto pittoresco di sangue acro e spezie pungenti. In Lord Jim Conrad rimpiangeva gli anni eroici dell’epopea delle spezie, quando isolati e cocciuti avventurieri smarrivano loro stessi nei labirinti verdi di terre ostili. Kalimantaan ci narra la più grande di queste storie, la fondazione del regni di Sarawak nel Borneo da parte di un inglese, mescolando introspezioni a crude descrizioni di ciniche crudeltà e corpi rosi e disfatti da malattie tropicali, interni brulicanti di insetti e parassiti, praho pirateschi mossi da schiavi incatenati, ceste piene di teste mozzate date come unica forma di pagamento ai dayaki che servivano gli inglesi. Culmine del libro è la tremenda rivolta, repressa nel sangue, dei coolie cinesi: ecatombe finale di un potere che si regge sulla violenza. Il romanzo, che tra ricerche e stesura ha richiesto dieci anni, rende con esattezza lo spirito dei tempi e dei luoghi. Per conoscenza diretta, tra le varie testimonianze posso citare i racconti malesi di Cliffold, un volume di viaggio della Bird e le lettere della moglie di Brooke, l’originale di Barr nel romanzo. Una mappa d’epoca può offrire un ultimo brivido: vi appare una località denominata Sandakan. Sognare è ancora possibile, forse.
Alessandro Monti, TuttoLibri della Stampa, 15 luglio 2005
Recensione da IoDonna del Corriere della Sera, n. 49/2004
Nel 1839 un avventuriero inglese di nome James Brooke giunse sulla costa nordoccidentale del Borneo con l’incarico di consegnare al sultano del Brunei una lettera che garantisse la salvezza all’equipaggio di una nave britannica dispersa in zona. Da quella regione popolata da cacciatori di teste, pirati e mercanti di schiavi, molti europei non erano più tornati. Ma la sorte di Brooke fu diversa: dopo aver lavorato al servizio del sultano, l’avventuriero venne nominato governatore di Sarawak e, in pochi anni, diventò il rajah di uno stato indipendente. Se questo è lo spunto storico di Kalimantaan, ponderosa opera prima di C.S. Godshalk, tutto il resto, compreso il nome del protagonista, Gideon Barr, è fantasia. Ne nasce un romanzone di stampo ottocentesco, con lampi ironici quando racconta le bizzarre abitudini dei colonialisti, che è molte cose insieme: la storia di un amore, di un regno, dell’incontro tra la convenzionale società vittoriana e una cultura potente e selvaggia. La Godshalk, vissuta a lungo nel Sud-Est asiatico, ha vinto la scommessa di far rivivere un mondo scomparso dal fascino ipnotico.
(Cristina Taglietti)
GRANDI SCENEGGIATORI I ROMANZIERI DELL’800
da Panorama, 12/11/2004
(…) È il Fëdor Dostoevskij dei Demòni a modellare le 604 pagine di I cospiratori del giovane Michael André Bernstein appena pubblicato da Guanda. Mentre è il più moderno E.M. Forster ad alimentare Kalimantaan, il perfetto romanzo di C.S. Godshalk (Bookever) che narra le avventure di lord Brook nel Borneo settentrionale, seconda metà dell’Ottocento. Esplicito omaggio agli amati autori romantici, in particolare Victor Hugo e Charlotte Brontë, è La bambinaia francese di Bianca Pitzorno, fresco di stampa da Mondadori. (…)
(Manuela Grassi)