Dietro gli anni Sessanta
La band raccontata da chi la conosce bene
di Vittorio Castelnuovo (da Il diario della settimana, n. 26/2002)
Stoned di Andrew Loog Oldham traduzione di Anna Mioni Arcana, pp. 361, 16,20 €
Stoned, la biografia di Andrew Loog Oldham, il pigmalione del gruppo rock dei Rolling Stones, è un libro spiazzante.
Innanzitutto perché è scritto bene, cosa poco comune nell’editoria musicale; poi perché narra una storia agrodolce con sincerità e malinconia; e inoltre perché quando sta per approdare alla parte più emozionante, termina, lasciando il lettore con un pugno di mosche in mano. Oldham ha fatto da manager al celebre complesso dal 1963 al 1967. Ma il diario della sua avventura finisce nella primavera del 1964, quando il gruppo stava prendendo la rincorsa verso la celebrità. Il libro dunque pianta in asso il lettore molto prima che i Rolling Stones facciano gol, trascurando di descrivere sia l’exploit di Satisfaction, una delle più belle e potenti canzoni rock mai scritte, sia soprattutto la loro definitiva affermazione. A conferma di questa sfasatura tra ciò che ci si aspetta dal libro e ciò che il libro esattamente offre, c’è da rimarcare come nel corso del testo, costituito da 361 pagine, l’autore introduca i Rolling Stones addirittura a pagina 195 – e la descrizione del loro primo incontro, avvenuto in un albergo fuori Londra, è una sequenza memorabile. All’epoca di quell’episodio gli Stones esistevano già da un anno, essendosi messi insieme nell’estate del 1962, ma erano ben lontani da considerare l’attività artistica come una regolare fonte di sostentamento. In questa selvatica innocenza, in questa sincera, profonda e incantata passione per la musica americana sprigionata dal gruppo risiede, secondo il nostro giudizio, una delle ragioni che rendono attraente la lettura del libro. Non solo, essa ridimensiona anche quella spettacolare e spesso forzata trasgressione che ha dato fisionomia, nel corso del tempo, alla loro leggenda. Se dunque ci si avvicina a Stoned pensando di avere tra le mani l’ennesimo ritratto dei Rolling Stones, c’è il rischio di restare delusi. Bisogna al contrario leggerlo per quello che realmente è: la storia della vita di un giovanotto ambizioso, figlio di una prostituta, che faticosamente si fa strada nella vita partendo dalle strade di Londra devastate dalla guerra, e che dopo aver conosciuto Pablo Picasso e aver lavorato con Mary Quant e i Beatles, trasforma un complessino da balera nel secondo grande gruppo di musica rock di tutti i tempi. Da questo punto di vista il libro è davvero molto bello, ed è tra i più originali che ci sia capitato di leggere sul tema: la vicenda di un ragazzo mosso dalla volontà, assai americana, di ottenere il successo, e che scopre infine che il successo non esiste, che è un deserto. Lo stesso chitarrista Keith Richards ammette, con una serie di dichiarazioni raccolte nel libro, quanto la personalità del loro manager li condizionò. Oldham stabilì il loro comportamento fuori dal palcoscenico; suggerì a Mick Jagger di muoversi in scena, ispirandosi ai performer neri e invitandolo a valorizzare il proprio potenziale erotico; li spronò affinché scrivessero loro stessi le canzoni; decise di pubblicare il primo Lp senza titolo e senza il nome del gruppo, con i cinque musicisti fotografati di profilo. Un omaggio a un romanzo che era uscito poco tempo prima e che lo aveva particolarmente colpito: Un’arancia a orologeria di Anthony Burgess. Per un po’ di tempo Oldham pensò persino di girarci un film. Ma questo particolare, come numerosi altri che proverebbero l’avanguardia del personaggio, non è inserito nel racconto. Oldham lo lascia fuori, come altre cose, mentre a noi resta l’amaro della dissolvenza incrociata del libro. Che comincia nel maggio del 1995, nel degrado di una camera d’albergo di Manhattan, con la descrizione di un uomo preoccupato di farsela addosso, con continue perdite di sangue; devastato dall’alcol, dalla droga e dalla nostalgia. E termina con la vista del Tamigi dagli uffici della Decca, una mattina di primavera del 1964; in una di quelle giornate in cui tu e il mondo siete tutt’uno. Ed entrambi lo sapete.
La Londra degli Stones
di ERNESTO ASSANTE La Repubblica, 6 novembre 2001
Tutti conoscono i Beatles, gli Stones, Bob Dylan, ma nessuno, o quasi, conosce bene chi ha lavorato con questi artisti, chi ha contribuito, spesso in maniera determinante, a fare in modo che loro fossero quello che oggi sono. Certo, alcuni manager hanno assunto uno status ‘leggendario’, da Brian Epstein, il cosiddetto ‘inventore’ dei Beatles, a Bill Graham, personaggio centrale nello sviluppo del rock americano, fino a Malcom McLaren e ai suoi Sex Pistols. Ma la maggior parte di questi personaggi ha continuato, nonostante il successo, a vivere nell’ombra, senza mai occupare sulla scena il posto giustamente destinato ai loro artisti. E così ha fatto fino ad oggi anche Andrew Loog Oldham, il primo manager dei Rolling Stones, che arrivato alla nobile età di cinquantasette anni ha deciso di raccontare la propria storia in un libro.
Stoned, come s’inventa la più grande rock’n’roll band del mondo, che sta per essere pubblicato dalla Arcana Editrice, non è un saggio e non è un romanzo, piuttosto una sorta di grande ‘documentario’ sull’esplosione del beat in Inghilterra, sulla ormai proverbiale ‘swinging London’, su quella straordinaria esplosione di creatività, follia, musica, arte e cambiamento che è durata per buona parte degli anni Sessanta in Gran Bretagna. Andrew Loog Oldham è stato un eccezionale testimone di quell’epoca, e anche qualcosa di più. Non è stato solo il manager della prima, leggendaria, fase dei Rolling Stones, quella per la quale la band di Mick Jagger è ricordata ancora oggi, quella che li portò a competere con i Beatles per il dominio musicale del mondo, ma è stato anche un vero e proprio protagonista dell’epoca, uno di quei personaggi che ha contribuito a fare in modo che gli anni Sessanta fossero così come oggi li ricordiamo, con tutti i pregi e i difetti consegnati alla storia. Tanto per chiarire, e mettere l’autore nella luce giusta, Oldham ha lavorato con Mary Quant, ha fatto da ufficio stampa per i Beatles, è stato amico di tutti i grandi del rock inglese, ha collaborato con Marianne Faithfull, Fleetwood Mac, Eric Clapton, Jimmy Page, Small Faces, i Nice, ha realizzato dischi a suo nome e diretto una casa discografica indipendente, ha vissuto insomma gli anni Sessanta stando ben dritto sul ponte di comando. Stoned non è, a dispetto del titolo, un libro sui Rolling Stones, anzi Jagger e compagni compaiono tardi nel racconto, verso il decimo capitolo (su quindici in totale) e della loro avventura musicale e personale sono raccontati solo i primi anni. Il che non è un limite, anzi, è il pregio del libro, perché quello che viene descritto in maniera straordinaria è la nascita della ‘rivoluzione beat’, gli anni che hanno preceduto l’esplosione dei Beatles e degli Stones, in un crescendo decisamente interessante. Attraverso le memorie di Oldham il libro racconta Londra e l’Inghilterra del dopoguerra, l’arrivo sulle scene di Elvis e del rock’n’roll, di James Dean e del cinema americano, i sogni e i desideri di ragazzi che sognavano di cambiare tutto e che, per un po’, ci riuscirono. Nel libro c’è tutto quello che ci deve essere, da Carnaby Street a Bob Dylan, da John Lennon a Picasso, raccontato in prima persona da Oldham ma anche da molti altri testimoni, tra i quali Pete Townshend e Mary Quant, Nick Cohn e Vidal Sassoon, che prendono in mano il racconto e si inseriscono, in un perfetto cut and paste tra i ricordi del manager con le proprie memorie. Il sottotitolo originale, Memories of London in the 1960’s, non casualmente non era dedicato ai Rolling Stones ma alla città, perché è Londra, con le sue strade, i suoi locali, le sue mode e le sue star, ad essere la vera protagonista del racconto, lo scenario naturale ed unico in cui la straordinaria vicenda di Oldham, dei Beatles e degli Stones poteva crescere e svilupparsi. Forse non c’è un libro paragonabile a questo, nemmeno quello del suo ‘collega’ George Martin sui Beatles, ma di certo l’aria che si respira tra le pagine di Stoned è simile a quella che ha fatto di Hard Day’s Night, il primo film dei Beatles, la migliore testimonianza dell’epoca. A rendere interessante il racconto è infatti l’evoluzione di Oldham da povero ragazzo della ‘lower class’ a ‘trend maker’ della nuova era, attraverso le rivoluzioni piccole e grandi, personali e collettive, le follie, le difficoltà che una generazione provava ad affrontare per la prima volta in prima persona.Ovviamente la parte dedicata agli Stones è particolarmente ricca: affascinante è il resoconto del primo incontro tra Oldham e la band, del concerto in cui il manager li vide per la prima volta suonare e capì che gli Stones sarebbero potuti diventare grandissimi. E ci sono moltissimi aneddoti inediti, tra i quali quello di un ‘complotto’ per sostituire Mick Jagger con Brian Jones come cantante della band, che costituiscono il cuore ‘musicale’ del libro, con una dettagliata ricostruzione dei rapporti tra Jagger e Richards e un interessante resoconto di come Oldham abbia contribuito alla nascita di un mito, quello della ‘rock’n’roll band più famosa del mondo’.
L’era degli Stones
memorie di un protagonista
Esce in Italia ‘Stoned’: Andrew Loog-Oldham, il manager che inventò coi Rolling Stones la ‘faccia sporca’ del rock’n’roll, racconta gli anni della Swingin’ London di Alfredo d’Agnese
C’è stato un tempo in cui il rock aveva ancora i pantaloncini corti. Keith Richards, chitarra dei Rolling Stones, è solito dire che ‘il mondo era ancora in bianco e nero’. Andrew Loog-Oldham è stato uno degli uomini che ha portato i colori nella società civile. Per i ventenni di oggi è un nome come un altro. Invece stiamo parlando dell’uomo che inventò il fenomeno Rolling Stones, di un protagonista degli anni Sessanta che ha deciso di raccontarli alla sua maniera. E’ uscito proprio oggi nei negozi, per i ‘tipi’ dell’Arcana, ‘Stoned’, una corposa testimonianza (420 pagg. 32mila lire) di un’era leggendaria. Il libro, accompagnato da 30 rare foto in bianco e nero, è la storia di un ragazzo nella Londra innamorata del rock e del blues e delle sue intuizioni. Oggi Oldham ha 58 anni e vive a Bogotà, in Colombia. Torna raramente a Londra. L’ultima sua apparizione pubblica è stata il 31 ottobre scorso, quando è sceso in campo personalmente davanti all’Alta Corte. Il ‘teenager miliardario’ (questo era il suo appellativo negli anni Sessanta) è al centro di una controversia legale per i proventi dei guadagni di Small Faces, Rod Stewart, Sam Cooke, Eric Clapton, Jimmy Page e Nico tra il 1965 e il 1970. All’epoca questi e altri musicisti erano sotto contratto per la Immediate, andata in liquidazione all’alba dei Settanta. Oggi il gruppo Sanctuary, che ha acquistato il copyright della Immediate, chiede a Oldham di non pubblicare più quei dischi, di cui lui ritiene di avere ancora i diritti. Si preannuncia una maratona legale che non scalfirà minimamente l’immagine di un uomo che a 19 anni aveva già lavorato con i Beatles e che scoprì un gruppo di ragazzi alla periferia di Londra facendone la ‘faccia sporca’ del nascente rock britannico.Per raccontare meglio la sua storia, fatta di aneddoti (gustoso quello su Frank Sinatra), Oldham ha compiuto un salto indietro nel tempo giungendo fino agli anni di Bill Haley e all’arrivo in Gran Bretagna dei dischi d’importazione americani. Inoltre ha utilizzato le migliori fonti per spiegare che cosa sia stata la ‘swinging London’, quella di Harold Wilson e del mito di Piccadilly. Tra i consulenti di ‘Stoned’ hanno offerto il proprio contributo Mary Quant, inventrice della minigonna e maitre-a-pénser della moda di quegli anni; Pete Townshend, fondatore e leader dei Who; il critico musicale Nik Cohn e Vidal Sassoon, che di mestiere fa il parrucchiere. A lui si devono molte delle acconciature che in quella stagione hanno fatto gridare allo scandalo e hanno fatto tendenza.Quella dei Rolling Stones è stata una fantastica avventura. Loog-Oldham è stato l’uomo che ha dato l’imprimatur, il via, producendo i primi dischi, da The Rolling Stones fino a Between The Buttons. Ha sempre avuto il fiuto degli affari, fin da ragazzino, Loog-Oldham. Nel 1962 era già il titolare di una agenzia, la Impact, e gli bastò poco per convincere i sei ragazzi (all’epoca il gruppo era un sestetto) a lasciare Giorgio Gomelsky per passare sotto la sua ala protettiva. Con il senno di poi possiamo dire che quella fu la loro fortuna.Nel libro c’è tutta la Londra del grande cambiamento, quella dei mod e dei teddy boys falciati dal fenomeno beat prima e dal rock poi. Neppure un romanzo come ‘Absolute Beginners’ è riuscito a raccontare in modo così puntuale, anche se molto poco obiettivo, quegli anni. Il libro rappresenta uno spaccato straordinario della nascita del rock inglese. Prima dei Rolling Stones il mondo era popolato di cantanti buoni e puliti. Anche i Beatles, agli esordi lo furono. Loog-Oldham applicò la regola, vecchia come la storia, della rivalità e della contrapposizione. I Beatles erano buoni? Gli Stones sarebbero stati cattivi e politically uncorrect. I Beatles avevano le loro divise? Gli Stones sarebbero stati l’altra faccia dell’eleganza. Il suo genio creativo coniò una serie di frasi a effetto. La più famosa rimane: ‘Lascereste che vostra sorella uscisse con uno Stone?’. L’impatto fu clamoroso. Per la prima volta anche la musica nascente della rivoluzione giovanile e della contestazione (allora piuttosto timida), aveva i suoi Coppi e Bartali, i suoi fratelli-serpenti.I due gruppi furono spinti contro, ma nella realtà i rapporti restarono sempre ottimi. E quando, nel 1963, agli Stones servì una canzone per dare seguito al piccolo exploit di Come On, a chi andò a chiederla Loog-Oldham? Ai rivali John Lennon e Paul McCartney, che furono lieti di offrire l’ancora inedita I Wanna Be Your Man. Fu quello il primo ingresso nella Top 20 della classifica inglese e l’inizio della grande scalata al successo. Il singolo successivo, Not Fade Away , avrebbe raggiunto il terzo posto. A Loog-Oldham va attribuita anche l’esclusione di Ian Stewart dal gruppo. Il pianista, che sarebbe restato a lungo e nell’ombra il sesto Stones, era giudicato troppo perbene per una banda di teppisti e di ragazzi cattivi.I cinque anni successivi sono stati quelli che hanno creato l’alone leggendario intorno a Jagger e Richards. Sono stati gli anni di Satisfaction, inno generazionale sull’incapacità di essere felici, Paint It Black, Lady Jane, Under My Thumb e {{Let’s Spend the Night Together}}, censuratissima e punto limite dell’irriverenza del gruppo. Jagger e Richards furono arrestati per detenzione di droga, lo scandalo raggiunse l’apoteosi. Qui, siamo nel 1967, i rapporti tra manager e Rolling Stones si guastarono. La fama e il carisma di Jagger erano cresciuti troppo per permettere una coabitazione serena. Oldham andò via, sostituito da Allen Klein, altro volpone della scena musicale. Era il 1967, Sergent Pepper bussava alla porta, come Absolutely Free di Frank Zappa, [[Younger Than Yesterday]] dei Byrds, Surrealistic Pillow dei Jefferson Airplane, The Piper At The Gates Of Dawn dei Pink Floyd. Il rock aveva perso la sua verginità. Ora era a colori. Ma il domani si sarebbe tinto di sangue. E proprio gli Stones avrebbero dato inizio, con la morte di Brian Jones (appena uscito dal gruppo per dissidi con Jagger) alle grandi tragedie del rock, provando sulla propria pelle il peso del dolore e celebrando l’addio all’età dell’innocenza. (9 novembre 2001)