Dal Magazine di minimum fax Nº41 – gen/feb 2006, saggio sulla traduzione di Deliri, desideri e distorsioni di Lester Bangs, minimum fax, 2006
Tutti alla ricerca di Lester Bangs
[Le radici della traduzione di Deliri, desideri e distorsioni]
di Anna Mioni
Tradurre Bangs è un’esperienza totalizzante: Lester Bangs è il più grande critico rock di tutti i tempi. Si è già parlato molto della sua vita; queste saranno invece delle istantanee sull’esperienza di tradurre la sua prosa.
Bangs era anche scrittore versatile su qualsiasi argomento in qualsiasi stile, e alla critica musicale alternava osservazioni sociologiche e personali. I suoi libri quindi sono vera letteratura e non solo roba per addetti ai lavori. Chi legge letteratura “seria” spesso snobba la critica rock, ma per lo zio Lester vale la pena di fare un’eccezione. Accidenti se ne vale la pena. I suoi libri sono un affresco a tutto tondo dell’America di quegli anni, in pura prosa beat, e accumuli di microcosmi stilistici. Ci si può sguazzare dentro per mesi alla ricerca di stimoli e riferimenti.
Bangs nella stessa pagina sa vestire i panni di un poeta ottocentesco e di un punk, trasformando tutto in una presa in giro. Tradurre Bangs significa essere poeti e punk senza perdere mai di vista l’ironia.
Ma sono cose che in parte ho già detto nella Nota della traduttrice del primo volume, Guida ragionevole al frastuono più atroce, e in questo articolo sulla rivista N.d.T.. Quindi è meglio che vi racconti anche qualcosa di diverso.
I libri di Bangs sono da tenere dove più vi piace (sul comodino, in bagno, nella borsa) e da leggere a pezzi secondo i vostri gusti e l’umore del momento. Tradurre Bangs invece significa leggerli tutti di seguito e rendersi conto di quanto siano monumentali.
Si sa che Bangs fu tra i primi a utilizzare la parola punk e, nel pezzo a cui si ispira questo articolo (scritto per una fanzine nel 1977; è a p. 340 di Deliri, desideri e distorsioni), ci regala una serie di illuminazioni sull’argomento, quando ormai l’ondata punk è già conclusa (“È difficile fare l’anormale di questi tempi: mettiamola così, è come comprare un chiodo nero nuovo e darsi molta pena per cercare di non sgualcirlo mai”, tanto per citarne una). E questo ci dà l’idea di quanto fosse diffidente verso qualsiasi fenomeno che gli sembrava artefatto.
Bangs amava le persone semplici e immediate ma scriveva in modo complicato e contorto. Tradurre Bangs a volte significa contorcere la semplicità e rendere immediata la complicazione.
Bangs amava le improvvisazioni jazz e la scrittura beat e la sua prosa a volte è un miscuglio delle due.
Tradurre Bangs significa non imbrigliare la sua improvvisazione, ma salire sul cavallo brado della sua macchina da scrivere e lasciarsi portare dove vuole lui.
Bangs è uno che non era mai sobrio ma era sempre di una lucidità impressionante. Tradurre Bangs significa capire quando non era sobrio ma sapere che era comunque lucido.
A volte tra i suoi scopi mentre scrive c’è quello di “mettere estremamente in imbarazzo” i suoi lettori, “o quantomeno irritarli a morte”. Tradurre Bangs significa cercare di fare la stessa cosa anche in italiano.
Bangs è un allupato femminista. Tradurre Bangs, per una traduttrice donna e femminista (seppure all’acqua di rose come si usa oggi), significa accettare che lui potesse essere entrambe le cose contemporaneamente. E commuoversi quando descrive la femminilità geniale e travagliata di Patti Smith o di Nico. E ridere con lui quando sfotte Stevie Nicks che usa due parrucchieri diversi per le foto di copertina di un suo disco.
Nei libri di Bangs si parla di musica di ogni tipo, dalle dive commerciali ai pionieri dell’avanguardia rumorista. Bangs usa lo stesso sarcasmo con tutti e da tutti ha le stesse pretese di eccellenza e autenticità. Tradurre Bangs vuol dire riprodurre quel sarcasmo e quelle pretese. E finire ad ascoltare musica talmente rara da essere quasi introvabile, per dare uno sfondo sonoro alle sue parole.
Bangs è uno che rivendica il proprio diritto ad avere gusti personali in fatto di musica, e persino di avere cattivo gusto, al di là delle mode. Tradurre Bangs è trovare la lingua per trasmettere la forza delle sue rivendicazioni.
Bangs disprezzava profondamente i critici musicali foraggiati dalle etichette major e non perdeva occasione per punzecchiarli. Tradurre Bangs significa ricordare che oggi nessuno oserebbe scrivere quelle punzecchiature, e trattarle come una cosa rara e pregiata.
Bangs ha creato una lingua per la critica musicale che nel mondo anglofono ha fatto subito scuola. Tradurre Bangs vuol dire cercare di offrire ai critici rock italiani quel serbatoio per una “lingua della critica” che non avevano trent’anni fa, ai tempi in cui questi pezzi uscirono solo in inglese. Parlo di assorbire la ricchezza linguistica, la spontaneità e la passione di Bangs, non di copiarne lo stile: lui stesso consigliava ai suoi seguaci di non imitarlo. Ma, per esempio, non è troppo tardi per abolire gli anglicismi nati dalla pigrizia e incistati nell’italiano del rock.
Bangs scrive in un modo torrenziale, che ti invade. Tradurre Bangs vuol dire lasciarsi invadere, anche la vita, per riemergere alla fine del libro stanca ma felice. E grata per aver potuto dare una voce italiana a queste parole travolgenti che, senza saperlo, da anni una musicofila accanita come me sperava di leggere nella nostra lingua.