Dalla rivista La nota del traduttore, saggio sulla traduzione di Guida ragionevole al frastuono più atroce di Lester Bangs / editore: minimum fax, 2005
Guida ragionevole al frastuono più atroce
di: Lester Bangs / editore: minimum fax (2005)
traduttore: Anna Mioni – Traduzione dall’inglese
Correte qui, miei cari lettori, e lasciate che vi racconti un po’ com’è stato tradurre Lester Bangs, uno dei critici rock e gonzo journalist più idolatrati di tutti i tempi, morto giovane prima che scoppiassero gli anni Ottanta; uno che scriveva di musica come un uragano che deflagra in mille direzioni. Aspettate, ora mi metto a ruminare, boh, vediamo, tra le tante esperienze diverse di traduzione contenute nei pezzi antologizzati in Guida ragionevole al frastuono più atroce, quale vi posso raccontare oggi?
Lascio la voce di Bangs, riprendo la mia e vi dico che libri poliedrici come questo sono le sfide più interessanti per un traduttore: il testo contiene infiniti stili e forme e per ognuno di essi ho dovuto trovare una voce diversa.
L’ispirazione principale di Bangs scrittore e personaggio sono i Beat: ecco quindi scrittura automatica, libere associazioni, cronache di notti brave passate a scrivere con l’ausilio di tutti gli stupefacenti possibili, tranne quelli illegali. In alcuni punti si intuisce chiaramente la scarsa sobrietà dell’autore.
Un tratto essenziale di Bangs è la versatilità stilistica. È capace di passare, nello spazio di cinque righe, dal turpiloquio slang alla parodia di versi di sir Walter Scott. Oppure, nel descrivere un paesaggio, scomoda Joyce e Dylan Thomas e poi conclude parlando dei malviventi protagonisti di un vecchio blues di Dixon. Inventa testi di canzoni, titoli di dischi, notizie di quotidiani e persino rivoluzioni. Finge di intervistare capi di stato dell’epoca a proposito di dischi e gruppi rock. Tra le vette della sua creatività ci sono i pezzi dedicati ai musicisti che idolatrava, con i quali era molto esigente, e che non si faceva alcuno scrupolo a schernire e insultare, se deludevano le sue aspettative.
Bangs era totalmente incapace di scindere la propria vita dalla musica: nello scrivere di musica scrive anche e soprattutto di sé. Spesso si lancia in divagazioni su ricordi ed esperienze adolescenziali, e partorisce accorate pagine da Bildungsroman; o in invettive a sfondo sociale (ebbene sì, era un moralista, per quanto sui generis) che diventano pregevoli trattatelli sociologici sulla sua epoca, di cui è stato tra i primi a intuire profeticamente le possibili evoluzioni.
Forse non si può parlare di narrativa in senso stretto a proposito di Guida ragionevole, perché quello che abbiamo tra le mani non è un romanzo, ma il testo ha a tutti gli effetti una sua dignità letteraria (non a caso il critico Greil Marcus nell’introduzione definisce Bangs “il miglior scrittore americano”) e meriterebbe di essere inserito nel canone letterario novecentesco; del resto in America Bangs è già entrato da anni nei programmi dei corsi universitari. Inoltre ha lasciato vari abbozzi di romanzi incompiuti, compreso quello che si accingeva a scrivere prima di morire, quando aveva già deciso che si sarebbe dedicato alla narrativa, abbandonando almeno in parte la critica rock.
Il primo approccio che ho utilizzato per avvicinarmi a Bangs è stato quello mimetico. Ho cercato di inseguirlo nei meandri dei suoi deliri; mi sono lasciata guidare dall’istinto alla ricerca degli slanci e delle idiosincrasie dell’autore. Ho ripescato la lingua con cui parlavamo di musica tra amici a vent’anni, quando un disco o un gruppo rock avevano ancora il potere di salvarci la vita e suonare insieme era l’illusione di cambiare il mondo. Per restituire certe impennate sloganistiche e i titoli provocatori ho attinto alla lingua viva delle scritte sui muri e degli slogan dei movimenti. Ho tenuto conto anche della lingua dei critici rock italiani degli ultimi vent’anni, ma l’ho usata quasi come un rumore di fondo da cui distaccarmi, per mettere in risalto la creatività di Bangs rispetto al milieu critico consueto. Bangs ha già influenzato molti critici musicali italiani che l’hanno letto in lingua originale; con questo libro si trattava di offrire loro una materia che potesse essere fonte di ispirazione in italiano come lo è già stata in inglese.
L’operazione in alcuni punti è stata quasi di tipo enigmistico, specie quando mi sono occupata di scovare tutti i riferimenti nascosti tra le pieghe del testo (titoli di canzoni, poesie, parodie…). Ho svolto poi una ricerca certosina di riscontri per tutte le informazioni, a partire dai nomi e dagli eventi. In questo mi è stato prezioso collaborare con la revisora e la redazione.
Certo, mi ha aiutata anche l’aver amato molti dei gruppi di cui parla Bangs, e l’avere attribuito un simile potere messianico, se non proprio agli stessi, ad altri gruppi musicali; e il fatto di credere anch’io che la musica sia una delle chiavi più efficaci per comprendere i giovani e la nostra società. Rileggere questo messaggio nei testi di Lester Bangs e cercare le parole per ritrasmetterlo ai lettori italiani è stata un’esperienza impagabile.
Anna Mioni